Inserisci la tua parola chiave

All’interno di una cornice metodologica e operativa scientifica vengono integrate le teorizzazioni, le strategie e le tecniche maturate in campo clinico nell’ambito della Analisi del Comportamento (ABA) con le nuove acquisizioni teoriche e pratiche della Terapia Comportamentale e Cognitiva e delle esperienze e della prassi clinica degli approcci Evidence-Based.

In maniera più specifica le radici e i riferimenti del nostro modello teorico-applicativo possono essere individuati nelle seguenti scuole di pensiero:

Esso è un modello che permette l’analisi e la descrizione del comportamento e la definizione funzionale di leggi riguardanti:

  • gli studi sul condizionamento classico, sul condizionamento operante e sull’apprendimento cognitivo complesso sviluppati da di fisiologi come Secenov, Pavlov, Bechterew e dai loro allievi a da psicologi come Thorndicke, Watson, Skinner e numerosi altri studiosi della psicologia dell’apprendimento;
  • gli studi sulla psicologia infantile e dello sviluppo che vanno sotto il nome di analisi dello sviluppo infantile sviluppatosi a partire dai primi anni ’60 (Bijou e Baer, 1961; 1965) e rivisti e revisionati in questi ultimi trent’anni (Bijou e Baer, 1978; Bijou 1979; 1989; 1992) e quelli dell’intercomportamentismo di Kantor (1959) integrate in maniera sintetica e funzionale in un sistema che declini i principi generali in chiave evolutiva;
  • il lavoro dei terapeuti e psicologi del comportamento come Wolpe, Majer, Eysenck, Lazarus, Bandura, Staats, Lieberman, Rotter, ed altri che hanno dimostrato l’efficacia dell’analisi e modificazione del comportamento nella prassi clinica e psicoterapeutica e hanno determinato la strutturazione di un nuovo modello teorico applicativo per la cura e la terapia dei disturbi emotivi e del comportamento che va sotto il nome di behavior modification;
  • la psicoterapia cognitiva sui comportamenti covert, emotivi e cognitivi, attuata da parte di psicologi come Ellis, Beck, Kanfer, Mahoney, Meichenbaum, Marks etc. e le successive elaborazioni con altre teorie psicologiche quali la teoria dell’attaccamento di Bowlby, la conoscenza tacita di Polani, l’epistemologia evolutiva di Maturana e Varela e la fenomenologia di Kelly che hanno determinato la strutturazione di modelli psicoterapeutici cognitivi di tipo post-razionalista e costruttivista;
  • i contributi di altri orientamenti (psicodinamico, sistemico-relazionali, etc.) evidence-based orientati che a livello clinico o sperimentale hanno evidenziato una chiara efficacia psicoterapeutica nella modificazione e/o risoluzione dei problemi.
  • il cambiamento delle interazioni organismo-ambiente, come quelle che si verificano nei processi di apprendimento e di sviluppo;
  • il cambiamento delle topografie comportamentali (pensieri, emozioni, comportamenti) come quelle che si verificano nell’acquisizione-perdita di abilità e capacità;
  • la tesaurizzazione del comportamento che ha luogo nelle attività mnesiche (riconoscimento, ricordo e rievocazione);
  • la generalizzazione o il transfer delle interazioni acquisite;
  • i processi che si verificano in situazioni motivazionali, emozionali e conflittuali;– l’analisi e la descrizione del funzionamento emozionale e cognitivo;
  • l’individuazione di una specifica metodologia di ricerca per indagare quanto sopra descritto;
  • la derivazione dai principi teorici di procedure e metodi per la ricerca applicata e l’intervento.

Il comportamento (motorio, cognitivo, emotivo, relazionale) è concepito come il risultato di fattori continuamente interagenti qualil’eredità genetical’effetto degli eventi passati (o storia psicobiologica individuale), la situazione in cui si trova l’individuo e la struttura cognitiva.

L’organismo si presenta alla nascita con un patrimonio di schemi innati di tipo riflesso e motorio che gli permettono di affinare i meccanismi percettivi e motori e di elaborare una primitiva conoscenza di sé e dell’ambiente attraverso la sua esplorazione.

Le interazioni organismo-ambiente rafforzano e coordinano gli schemi innati pre-esistenti e attraverso precoci forme di apprendimento strutturano comportamenti elementari funzionali e finalizzati alla sopravvivenza e all’adattamento.

Successivamente, l’acquisizione di configurazioni di stimoli con peculiari relazioni logico-causali e proprietà di elicitare specifici comportamenti e l’acquisizione di abilità sempre più complesse, organizzate in maniera sistematizzata e funzionale nella forma di repertorio comportamentale, avviene attraverso le leggi del condizionamento classico e del condizionamento operantee con i principi da essi derivati quali la associazione, generalizzazione, la discriminazione, l’estinzione, il rinforzo+, il rinforzo -, la punizione, le schedule di rinforzamento (vr, fr, etc.), la storia interazionale, le funzioni-stimolo, le funzioni-risposta, etc..

Va evidenziato che vi è una partecipazione attiva dell’individuo ai suddetti processi di apprendimento e il suo contributo è messo in risalto dall’utilizzo di un paradigma del tipo S-O-R dove l’organismo “O” assume un valore identificabile, di volta in volta, nelle caratteristiche del SNA, nei pensieri, nelle convinzioni o nello stato emotivo del soggetto (Kanfer, 1970; Lazarus, 1971).

In tal modo, l’organismo acquisisce, con un meccanismo di feed-back, un notevole numero di comportamenti elementari che hanno un valore adattivo e di sopravvivenza in situazioni abbastanza semplici e che col tempo e in funzione delle ulteriori interazioni organismo-ambiente si strutturano, a un livello superiore, in insiemi organizzati, interconnessi e coordinati che si concretizzano in sequenze comportamentali e azioni, generalmente, adattive e con senso compiuto in relazione alla specifica situazione contingente.
Man mano che lo sviluppo psicologico dell’individuo prosegue e aumenta il numero e la qualità delle interazioni con l’ambiente, soprattutto quelle con i propri simili, diventa preponderante un’altra modalità di acquisizione di comportamenti e abilità e di apprendimento più complesso e significativo che è quello basato sui principi del modeling.

Questo apprendimento si realizza attraverso l’imitazione e l’apprendimento vicario e determina l’acquisizione di comportamenti sociali , verbali e di natura covert ed è regolato cognitivamente ( attenzione, memoria, codifica, etc. ) e la sua acquisizione e la sua esecuzione dipenderà molto da fattori ambientali (rinforzo, punizione, etc. ).

Inoltre, a questo stadio dello sviluppo vi è un aumento considerevole del numero e dei collegamenti dei comportamenti, azioni e sequenze comportamentali acquisite che determina l’emergere di un’organizzazione di insieme con proprietà nuove e con una relativa libertà dai fattori contingenti e spazio-temporali e l’instaurazione di meccanismi di controllo del tipo feed-foward.

Una variabile fondamentale nel determinare quest’ultimo tipo di comportamenti è l’emersione di una struttura percettivo-cognitiva con un sua strutturazione interna (identità personale, autostima, self-efficacy, autorealizzazione, autocoscienza, struttura di significato dell’esperienza, scopi esistenziali etc.) che, soprattutto nelle fasi avanzate dello sviluppo evolutivo e nell’età adulta, avrà un peso sempre maggiore nella determinazione del comportamento.

Il comportamento sarà sempre meno condizionato dalle contingenze ambientali e sarà guidato soprattutto, da un programma interno finalizzato al raggiungimento di scopi specifici, di mete e fini di carattere generale, di progetti di vita e di scopi esistenziali.

In particolare sarà la struttura di significato personale dell’esperienza che con i suoi sistemi razionale o riflessivo, costituito da procedimenti riflessivi e di analisi dei problemi e dalle preferenze personali, e sistema primitivo o irrazionale, costituito da assunti taciti di significato acquisiti in tappe precoci dello sviluppo e, spesso, di natura rigida e disfunzionale, che avrà un peso fondamentale nella regolazione dei processi di pensiero, delle emozioni e del comportamento e le loro interrelazioni.

Quindi, le strutture cognitive, una volta che si sono strutturate, concorrono, insieme alle specifiche caratteristiche dell’evento-stimolo e della storia di apprendimento, alla co-determinazione del comportamento agito.

Il comportamento agito, a sua volta, determina degli effetti ambientali che se sono congruenti col sistema di convinzioni posseduto dal soggetto la rafforzano e aumentano, nel futuro, la sua probabilità di emissione mentre se sono incongruenti la indeboliscono.

Quindi, risulta evidente che i processi emotivo-cognitivi, i comportamenti e le contingenze organismo-ambiente si influenzano reciprocamente e quindi costituiscono un sistema a causalità circolare per cui qualsiasi cambiamento in una parte di esso determina analoghi cambiamenti in altre parti.
La conseguenza pragmatica, a livello psicoterapeutico, di tale funzionamento sistemico è che gli interventi effettuati a un livello modificano anche gli altri livelli per cui:

  • un intervento a livello cognitivo (es.ristrutturazione cognitiva, etc.) apporta cambiamenti anche a livello emotivo e comportamentale;
  • un intervento a livello emotivo (ristrutturazione percettivo-sistematica, ri-attribuzione e ricodifica emozionale, etc.) apporta cambiamenti anche a livello cognitivo e comportamentale;
  • un intervento a livello comportamentale (training assertivo e delle abilità sociali, problem-solving, etc.) e psicofisiologico (training di biofeedback, training di rilassamento progressivo, etc,) apporta cambiamenti anche a livello emotivo e cognitivo.

INTERVENTO PSICOTERAPEUTICO

Gli interventi psicoterapeutici, le strategie e le metodologie fanno riferimento al suddetto modello di funzionamento psicologico e da esso ne mutuano e ne derivano le tecniche e i metodi di intervento.

L’obiettivo fondamentale della psicoterapia cognitivo-comportamentale integrata è quello di determinare un equilibrio e un adattamento della persona nell’ambiente in cui vive e di promuoverne il benessere e svilupparne le potenzialità e la creatività.

L’assunto fondamentale nella psicoterapia cognitivo-comportamentale è che per risolvere problematiche emozionali e psicopatologiche occorre determinare dei cambiamenti attraverso l’attivazione di nuovi processi di apprendimento e la riorganizzazione degli schemi e delle regole cognitive e la attribuzione di nuove relazioni di significato personale in relazione a se stessi, agli altri e al mondo.

Il modello prevede una chiara distinzione delle diverse fasi del processo e in particolare per l’assessment e per la procedura di intervento.

L’Assessment ha l’obiettivo di analizzare il repertorio comportamentale del soggetto, i comportamenti problematici e le relazioni contingenti con l’ambiente, lo stile cognitivo e dei modelli rappresentativi di sé e degli altri e l’indagine dei processi di attribuzione di significato e dei modelli interpretativi della realtà.

Specificamente rileva il repertorio cognitivo-comportamentale e cioè:

  1. le abilità e disabilità apprese,
  2. il livello di presenza/assenza di abilità fondamentali per l’attivazione di specifiche sequenze comportamentali adattive ( abilità comunicative, abilità di coping, etc.);
  3. le abilità sociali, le abilità di autoregolazione, di autocontrollo, etc.,
    d. lo stile attributivo;
  4. i processi cognitivi distorti e le convinzioni irrazionali;
  5. l’analisi delle caratteristiche di personalità funzionali ad eventuali interventi psicoterapeutici;
  6. l’analisi del comportamento attuale per identificare i comportamenti sintomatici e i comportamenti adattivi;
  7. la valutazione dei comportamenti disturbanti e disadattivi;
  8. la definizione della base-line del comportamento disturbante rispetto a parametri quantitativi (frequenza, intensità, estensione, tempo, etc.);
  9. l’analisi funzionale secondo il modello “A-B-C” per l’individuazione dei legami funzionali che controllano il comportamento, all’interno di un paradigma logico-temporale, tra gli eventi-stimolo——attribuzione di significato———-comportamento agito———–conseguenze emotive, comportamentali e ambientali.
    Con A = Antecedente si indica l’evento-stimolo che precede il comportamento, con B = Behavior si indica il comportamento attivato in risposta ad A e con C = Conseguenze si indicano le conseguenze contingenti al comportamento.
    Ma per B, oltre alla risposta comportamentale, motoria e fisiologica, visibile e descrivibile, si indicano anche le risposte interne, emotive e cognitive, che la accompagnano.

In questo caso occorrerà effettuare un’analisi funzionale cognitiva attraverso l’analisi del dialogo interno (Meichenbaum 1976) e delle immagini (Singer 1974) e delle modalità di codifica dell’aruousal in termini di emozioni (Valins 1970) e di pensieri (Beck).

Infine, bisogna evidenziare che i pensieri e le emozioni possono essere anche degli A o degli C se determinano o sono attivati da stati interni o da specifici comportamenti.

  • l’analisi longitudinale per definire in che modo l’esperienza passata ha contribuito a determinare l’attuale situazione clinica

L’Intervento Psicoterapeutico ha l’obiettivo di strutturare nuovi comportamenti e ristrutturare le convinzioni e le assunzioni e le attribuzioni di significato all’esperienza personale.
La procedura prevede un cambiamento delle contingenze organismo-ambiente attraverso una programmazione di esposizione controllata a specifiche costellazioni di stimoli e specifichi training addestrativi per la strutturazione di abilità, inoltre prevede un aumento del livello di consapevolezza e di coerenza logica delle proprie teorie personali che riguardano il mondo, gli altri e la propria persona con i suoi attributi di valore modificando, attraverso specifiche procedure di ristrutturazione cognitiva, le convinzioni, le valutazioni, i giudizi e le inferenze che controllano il dialogo interno e le immagini che sono gli immediati antecedenti delle autoistruzioni e quindi del comportamento agito.
Gli interventi possono essere di tipo verbale-cognitivo-semantico sul modello della terapia cognitiva e di tipocomportamentale e socio-cognitivo prevedendo esposizioni in vivo, modellamento partecipante e programmazione delle contingenze ambientali e prevedono:

  • l’estinzione dell’ansia condizionata, con tecniche di desensibilizzazione sistematica, di flooding, etc;
  • l’addestramento per lo sviluppo di abilità attraverso il social skills training, il progressive relaxation training, il biofeedback training, etc.;
  • la strutturazione di comportamenti ex-novo per es. nelle condizioni di disabilità con il modeling, il chaining, il prompting, il fading, il parent training etc.;
  • la modificazione delle contingenze organismo-ambiente;
  • la ristrutturazione cognitiva;
  • l’aumento del livello di autocoscienza e consapevolezza e di coerenza logica delle proprie teorie personali che riguardano il mondo, gli altri e la propria persona con i suoi attributi di valore.

Molti studiosi e ricercatori comportamentismi e cognitivisti hanno applicato con successo le tecniche cognitive e di behavior modification, direttamente derivate dai principi del condizionamento classico, del condizionamento operante, del modeling e dai postulati della psicoterapia cognitiva, alla terapia dei problemi comportamentali ed emotivi dei bambini e degli adulti dimostrando un loro alto livello di efficacia/efficienza e di specificità.

I primi terapeuti ad orientamento comportamentale furono Wolpe, Lazarus, Mayers, Eysenck, etc., per le problematiche e nevrosi degli adulti mentre Lovaas, Foxx, Kozloff, Ferster,Ayllon, Baer,Metz, Peterson, Touchette, Salomon, White, Zimmerman etc., si occuparono delle problematiche psicologiche dello sviluppo e dell’adolescenza ampliando l’interesse della terapia comportamentale ai problemi psicologici e cognitivi connessi con la disabilità e la devianza.

Numerose sono le ricerche che dimostrano l’alto livello di efficacia/efficienza e di specificità della psicoterapia cognitivo-comportamentale nella psicopatologia degli adulti e in particolare in nelle problematiche dello sviluppo e dell’adolescenza.
Chadwick e Birchwood (1994,1995,1996) hanno effettuato verificato l’efficacia dell’applicazione del modello cognitivo nei disturbi schizofrenici riuscendo ad identificare i costrutti teorici e le strategie e la procedura di intervento clinico e terapeutico efficace.

Beidel e Turner (1989,1991,1996, ) e Beidel e Turner e Cooley (1994) hanno messo a punto specifici trattamenti cognitivo-comportamentali per l’assessmente e la terapia della ansia e della fobia sociale dimostrando la sua specificità ed efficacia sia negli adulti che nei bambini.

Diversi studi e ricerche sull’approccio cognitivo-comportamentale per il trattamento della rabbia/aggressività in persone con ritardo mentale hanno dimostrato una riduzione marcata dei comportamenti aggressivi (Benson et altri (1986), Murphy e Clare (1991),Rose (1996), Moore et altri (1997), Walzer e Cheseldine (1997), Lindsay et altre (1998), Rossiter et altri (1998), King et altri (1999), Howell et altri (2000), Rose et altri (2000).

Fals-Stewart et al. (1993), Lindsay et al. (1997), Hodgson et al. (1972) e Marks et al. (1975) hanno effettuato ricerche sul disturbo ossessivo-compulsivo nell’adulto e tutti hanno confrontato l’esposizione + la prevenzione della risposta con il rilassamento muscolare progressivo, o da solo o elaborato come training di gestione dell’ansia.
In tutti e quattro questi studi, l’esposizione + la prevenzione della risposta si sono rivelati significativamente superiori al trattamento alternativo.

Studiando il disturbo d’ansia generalizzata negli adulti, Borkovec & Costello (1993) hanno trovato che la terapia cognitivo-comportamentale era significativamente superiore alla terapia non direttiva al post-test e al follow-up di un anno.

Sanderson et al. (1998) hanno riportato i risultati di dodici sedute della terapia cognitivo-comportamentale di Barlow & Craske (1994) per il disturbo di panico applicate ad un campione clinico di 30 pazienti ambulatoriali a basso reddito di un centro medico all’interno di una città, la maggioranza dei quali erano latino-americani. E’ stato osservato un miglioramento statisticamente significativo, sebbene i pazienti non migliorassero così tanto quanto quelli degli studi di riferimento.

Peterson & Halstead (1998) hanno esaminato il risultato di una forma abbreviata di terapia cognitivo-comportamentale (sei sedute invece delle solite venti) somministrata in una terapia di gruppo. I pazienti erano 210 affidati ad un programma di gestione della depressione in ambulatori di ospedali militari. Sono stati applicati criteri minimi di esclusione. Si è osservata una riduzione significativa tra il pre-test e il post-test nel Beck Depression Inventory (BDI), indipendentemente dal livello iniziale di gravità della depressione.

Persons et al. (1988, 1999) hanno pubblicato i risultati di due studi sulla terapia cognitivo-comportamentale per la depressione in campioni studiati nell’attività privata. Il trattamento è stato applicato in modo flessibile, e tenendo conto delle formulazioni individuali del caso, a clienti con una varietà di disturbi depressivi indipendentemente dalla comorbidità. Si è osservato un miglioramento significativo, e il risultato dei campioni con intenzione di trattamento (cioè includendo tutti i pazienti, sia che avessero completato il trattamento oppure no) era paragonabile a quello ottenuto negli studi di riferimento dell’efficacia. Comunque i pazienti privati ricevettero, in media, più sedute di quelli inseriti all’interno degli studi di efficacia.

Telch et al. (1995) hanno paragonato gli effetti di dodici sedute di terapia cognitivo-comportamentale con un gruppo di controllo che ha ricevuto lo stesso trattamento in una fase successiva. Le misurazioni della qualità della vita riguardavano la valutazione del deterioramento globale nel lavoro, nelle attività sociali, nel tempo libero, e nella vita familiare. Al post-test, i pazienti trattati hanno mostrato un miglioramento più significativo di quello dei pazienti in lista d’attesa in entrambe le misurazioni di adattamento globale, come anche nelle misurazioni della maggior parte delle sottoscale.

Weisz et al. (1995) nella loro meta-analisi delle ricerche sul risultato del trattamento di bambini ed adolescenti condotte tra il 1967 e il 1993 hanno concluso che i trattamenti comportamentali (la contrattazione comportamentale, il training per la gestione genitoriale, il modeling, la terapia cognitivo-comportamentale) erano più efficaci dei trattamenti non comportamentali (terapia orientata all’insight, counseling centrato sul cliente).

Casey & Berman (1985) sono arrivati ad una conclusione simile nella loro precedente meta-analisi delle ricerche in psicoterapia infantile condotte tra il 1952 e il 1982.

Anche la ricerca sui trattamenti dei disturbi d’ansia nei bambini e negli adolescenti dimostra specificità. Utilizzando un lavoro su un caso singolo controllato, Ollendick (1995) ha mostrato che una versione evolutiva della terapia cognitivo-comportamentale di Barlow & Craske (1994) per il disturbo di panico con agorafobia era efficace per gli adolescenti, mentre l’educazione e il sostegno da soli non lo erano. I risultati del trattamento erano presenti a sei mesi di follow-up.

Anche nel campo della fobia è evidente una specificità (Ollendick & King, 1998, 2000). Per esempio, è stato dimostrato che il modeling partecipante (in cui il terapeuta modella, incoraggia, e assiste il bambino nell’avvicinamento allo stimolo fobico) è più efficace della terapia supportiva non direttiva, e anche di altre varianti delle terapie comportamentali e cognitive, compresa la desensibilizzazione sistematica e il modeling filmato. Inoltre l’uso del rinforzo (basato sui principi del modeling, del rinforzo positivo e dell’estinzione) è stato dimostrato più efficace delle abilità verbali di fronteggiamento [coping] e del modeling del terapeuta da soli.

La specificità della efficacia della psicoterapia cognitivo-comportamentale è evidente anche negli effetti della psicoterapia nella depressione di bambini e degli adolescenti. Per esempio, Stark et al. (1991) hanno paragonato la terapia cognitivo-comportamentale alla terapia supportiva non direttiva nel trattamento di bambini con alti livelli di sintomi depressivi al Children’s Depression Inventory (CDI). Dopo la terapia e a un follow-up di sette mesi i bambini nel gruppo trattato con terapia cognitivo-comportamentale hanno riportato un minor numero di sintomi depressivi ad una intervista semistrutturata, e un minor numero di sintomi depressivi al CDI rispetto ai bambini sottoposti alla terapia supportiva non direttiva.

Brent et al. (1997) hanno ottenuto risultati simili, mostrando che la terapia cognitivo- comportamentale era più efficace della terapia supportiva non direttiva in adolescenti con depressione maggiore. Inoltre, la terapia cognitivo-comportamentale era leggermente più efficace di un intervento familiare che utilizzava tecniche di terapia familiare funzionale.

Wade et al. (1998) hanno studiato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale di Barlow & Craske (1994) per i disturbo di panico con o senza agorafobia per 110 bambini in un Centro di Salute Mentale. I terapeuti erano membri dello staff addestrati a somministrare un protocollo standard di quindici sedute. Sono stati utilizzati criteri minimi di esclusione. I pazienti hanno mostrato differenze significative al pre-test e al post-test in tutte le principali misurazioni dei risultati, e in termini di effect size il miglioramento era paragonabile allo stesso programma di trattamento negli studi di efficacia.

Usando un training di gestione genitoriale e un training in abilità sociali infantili (child social skills training), Tynan et al. (1999) hanno trattato 55 bambini ricoverati consecutivamente in un ospedale affiliato ad un ambulatorio di psichiatria infantile. I bambini, tra i 5 e gli 11 anni, presentavano tutti problemi di oppositività, e molti una comorbidità con altri disturbi tra cui il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). I terapeuti erano stati formati nell’applicazione del trattamento manualizzato. I cambiamenti pre-post sono stati ampi, significativi e paragonabili agli studi di riferimento sull’efficacia.